Pubblichiamo uno studio del glottologo Prof. John B. Trumper dell'UNICAL su dialetto del poeta tursitano ALBINO PIERRO. Il Prof. Trumper volge l'attenzione anche a due poeti dell'Alto Jonio: Giacinto LUZZI e Piero DE VITA.
IL DIALETTO POETICO DI
ALBINO PIERRO*
di
John B. TRUMPER
* Questo contributo è ancora in stampa; il suo tema principale riguarda, come si evince dal titolo, l’opera poetica di Albino Pierro, poeta appartenente linguisticamente all’area (calabro)lucana, ma dal versante lucano, Tursi. Sono però molto frequenti, ed inevitabili, i rimandi, sia poetici, che linguistici ad altri autori, e alla loro lingua dell’area contigua al di là del Pollino. Ci sembrava quindi interessante riproporre questo intervento in questa sede.
0. È ormai considerata un’operazione superata e forse inutile commentare il dialetto usato da Albino Pierro nella sua produzione poetica: una volta descritto il calabro-lucano arcaico, già definito in nuce in Lausberg 1939, non vi è apparentemente più niente da dire. Comunque, vista la polemica durata oltre trent’anni tra Lausberg e Parlangeli, cui Lausberg è tornato fino al suo saggio del 1974, avevo pensato, nel nostro ultimo contributo su questa zona importantissima per la risoluzione di complessi problemi della tarda latinità, di fare il punto sulla questione, focalizzando l’attenzione non solo sulle tappe evolutive di un vocalismo molto particolare, ma anche sulla morfologia arcaica e su questioni di rarità lessicale (Trumper-De Vita-Di Vasto in Trumper-Mendicino-Maddalon 2000), come vi ero tornato in un lungo saggio (RID XXIII. 9-38) del 1999, con maggiore precisione circa le complesse vicende diacroniche. Sappiamo, dunque, qual è il dialetto in gioco, quali sono le sue caratteristiche, in senso arcaicizzante, e insieme ricaviamo questa forte impressione d’una latinità già formata ma ferma verso l’800-900 d. C. Comunque, al di là del dialetto usato, Pierro sembrava dimostrare una personale consapevolezza linguistica del parlato che lo portava a prescegliere determinati elementi linguistici piuttosto che altri, lasciando questi ultimi alla reale comunità dei suoi parlanti tursitani. Vi è, diciamo, una specie di pre-limatura intenzionale di alcuni elementi dialettali appartenenti ad una Sprachgemeinde o speech community concreta, cui segue un uso praticamente esclusivo di siffatti elementi (pre-scelti, pre-limati), al fine di creare un codice molto personale, lasciando, delegando agli elementi scartati di ricoprire il loro solito uso comunitario. Ogni tanto, tuttavia, emergono elementi rari, come a costituire una revisitatio di luoghi e schemi, anche linguistici, della propria gioventù che è stata vissuta in una ‘comunità reale’, cioè con reali coordinate temporali e spaziali. Ovviamente gli elementi scelti, pre-limati, come si diceva, subiscono una seconda ‘limatura’, vengono affilati una seconda volta nel corso dell’operazione poetica....
Dovessi riportare simili riflessioni all’Area Arcaica Calabro-lucana penserei a scene di paese evocate da Luzzi in oriolese,
alle riflessioni sulla nonna Lucia ‘cieca’ del mio allievo De Vita in trebisaccese, e ad altro ancora.
Qui si ritrova quella collettività in cui “si nasce”, si sente la sua voce.
Il paese di Pierro, invece, è un mito personale, non risente molto della collettività, del “farsi collettivo”, neanche dei rapporti comunitari o interpersonali,come in Zanzotto o in Meneghello, o negli autori testé menzionati dell’Area Arcaica Calabro-lucana.
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